Cimbri: «Il riassetto di Unipol? Più forti nelle assicurazioni»



istituto modenese in eventuali scelte in direzione di un consolidamento, che riteniamo necessario in Italia. E in quanto importanti investitori istituzionali vogliamo fare la nostra parte per riportare il Paese a crescere. Un dovere per noi e per tutti». autorizzazione. E mi sento di poter dire una cosa, con una battuta: a meno che Bper nel piano industriale che renderà noto a fine mese non dica che desidera trasformarsi in una società ricreativa, penso che aumenteremo la nostra partecipazione. La banca sarà così in una posizione unica nel caso intenda procedere a nuove aggregazioni: ha alla spalle un azionariato stabile con due soci, Unipol e la Fondazione Banco di Sardegna. Noi siamo intenzionati a dare il supporto necessario per la crescita. Bper a sua volta deve completare l’opera di pulizia, rispetto alla quale noi abbiamo dato una mano in questa occasione rilevando un portafoglio di crediti deteriorati». «Perché così non siamo vincolati a crescere: vorremmo farlo solo se lo riterremo opportuno sulla base del piano strategico Bper». ’acquisto di crediti deteriorati dal gruppo Bper attraverso UnipolRec, la vostra società che gestisce npl. Volete crescere nel settore? «Non è una linea di business in cui il gruppo intende diversificare gli investimenti ma un asset. Valuteremo sui risultati se converrà tenerlo, fare alleanze o cederlo». obiettivo fissato a un miliardo. Unipol ha fatto 1,8 miliardi di utili e assegnato quasi 400 milioni di dividendi nonostante la maxipulizia della banca per 1,2 miliardi. Bene, passando al nuovo business plan posso dire che ci stiamo pensando con un’ottica bifronte: proiettandoci sull’Unipol che verrà, con un orizzonte ad almeno 10 anni, e restando al breve, cioè sui tre anni». evoluzione sul lungo periodo: desideriamo ci veda sempre più protagonisti in settori contigui a quelli che costituiscono il nostro portafoglio. In estrema sintesi intendiamo far crescere i ricavi da servizi legati alle polizze». ’assicurazione auto con 10 milioni di assicurati e il 25% del mercato e siamo leader europei nella scatola nera con 4 milioni di dispositivi installati. Bene: ci sono altre cose che possiamo fare nell’ambito della mobilità? Sì. In quella condivisa (car sharing e noleggio a lungo termine) o in servizi che possono avere come base la disponibilità gigantesca di dati sullo stile di guida dei nostri clienti. Un altro settore è il welfare. Siamo leader nella salute. Stiamo insomma guardando a macro-settori di bisogni sui quali intervenire allargando la nostra prospettiva di assicuratori». pubblici”? «Nel 2015 sono intervenuto sul Corriere sul tema dell’integrazione pubblico-privato nella sanità e nei rischi catastrofali. Lo Stato, che dispone di risorse decrescenti, ha già ridotto le prestazioni nella sanità e le famiglie pagano ogni anno 40 miliardi, un terzo rispetto alla spesa sanitaria nazionale. Se non vogliamo che la salute resti privilegio di pochi dobbiamo coprire i rischi di tanti con la mutualità, attraverso fondi integrativi. E lo stesso vale per terremoti e alluvioni. In presenza di una sotto-assicurazione massiccia, possiamo pensare ad assicurazioni obbligatorie anche per equità fiscale. Oggi interviene lo Stato con le risorse provenienti dalle imposte sul reddito. Sarebbe più equa una mutualità estesa a tutti proprietari di case. In entrambi i temi le compagnie possono svolgere un ruolo importante a fianco dello Stato». Ania ha parlato di un patto sulle infrastrutture. «Concordo, è sempre più evidente la necessità di infrastrutture sulle quali far marciare una crescita che ora non c’è. Le compagnie sono investitori proiettati per natura sul lungo periodo. Le infrastrutture possono essere investimenti che soddisfano queste caratteristiche in presenza di un rendimento, anche se non “portentoso”, stabile e duraturo». ©